Bella straniera

I Gigli in Piazza Duomo
Ho vissuto a Nola per i primi trent'anni della mia vita. Ci ho vissuto in una famiglia che da parte di padre era nolana da sempre. Non è quindi strano che - come per tutti i nolani - per me giugno sia il mese più bello dell'anno: giugno è il mese della Festa dei Gigli (ma a Nola si dice semplicemente la Festa: non ce ne sono altre; e quando ci si riferisce alla Festa si fa in modo da far sentire l'iniziale maiuscola anche parlando).
La Festa dei Gigli è un rituale antichissimo, che trae probabilmente le sue origini dai riti di fecondità che si celebravano nell'ager nolanus già in epoca preromana. Qui trovate una sommaria descrizione dello svolgimento attuale della Festa, che ovviamente non riesce a dar conto dell'atmosfera che si respira a Nola per tutto il mese di giugno e che trova il suo acme il giorno della ballata dei Gigli, il 22 giugno o la prima domenica successiva a questa data.

L'Italia è ricca di feste e tradizioni di antica origine, molte delle quali ancora oggi sentite e celebrate dalle varie comunità locali: in fondo l'immagine dei paesani forestieri che tornano al luogo natio in occasione delle celebrazioni per il santo patrono è un topos del cinema italiano(e non solo)  fin dagli anni '60.
Ma una Festa che arrivi a plasmare a propria immagine e per i propri scopi finanche il tessuto urbano di una città, una Festa che attraverso le innumerevoli fasi del suo svolgimento richiede impegno e dedizione per tutto l'anno, una Festa che finisce per diventare un pezzo fondante dell'identità di un'intera popolazione è qualcosa che - concedetemelo - si trova ben più di rado.

L'attaccamento dei nolani alla Festa - parafrasando Collodi - "non si può descriverlo: bisogna saperselo figurare". E' un legame che comincia da bambini e per alcuni varca la soglia della morte: nel cimitero di Nola non sono rare le lapidi decorate con piccoli simulacri dei Gigli, quasi a testimoniare che un filo tanto tenace non può essere reciso neanche dalla Parca.
Io stesso, pur essendo caratterialmente agli antipodi della frenesia dionisiaca tipica della Festa, mi sentirei impazzire se in quei giorni fossi in qualunque angolo di mondo diverso da Nola.

Mi sono chiesto spesso di cosa sia fatta una catena tanto forte, un vincolo tanto tenace. Certo, la Festa è in sé stessa estremamente coinvolgente e spettacolare: ma questa è soltanto la superficie, ciò che è dato di cogliere anche a chi nolano non è, ciò che si presta ad essere raccontato, fotografato, filmato.
Ogni nolano però mi darà ragione quando affermo che nella Festa c'è molto di più che la danza maestosa di queste torri d'oro e d'argento, c'è un quid molto più intimo e molto meno comunicabile, c'è qualcosa che probabilmente rende ragione anche dell'atteggiamento ambivalente che noi nolani abbiamo nei confronti della divulgazione della Festa: da una parte vorremmo che tutto il mondo la conoscesse e l'amasse, dall'altra parte ci rendiamo conto con frustrazione che il suo nucleo vero e vitale è destinato il più delle volte a risultare impenetrabile a chi non abbia passato buona parte della vita in quel triangolo delimitato dalle colline di Cicala, Sant'Angelo e Cappuccini.

Il fatto è - vedete - che ad ogni ritorno della Festa il nolano rivive frammenti della sua vita.

Ad ogni Festa io mi rivedo bambino, preso per mano da mio padre e portato ad ammirare le evoluzioni di questi giganti di legno e cartapesta; mi rivedo ragazzo a fare ammuina fino all'alba; rivivo la dolcezza fresca degli spumoni con cui si chiudevano i pranzi della domenica dei Gigli preparati da mia madre, e lo strazio della prima Festa senza di lei.


Un caso di scuola di sincretismo culturale: una polacca sotto 'e vvarre
E ovviamente rivedo l'espressione di stupore impaurito sul volto di Justyna durante le prime Feste viste vicino a lei.
C'è voluto qualche anno per convincerla che quelle torri di legno e cartapesta non erano destinate a rovinare sul pubblico che assisteva alla loro danza, e ancora non sono sicuro che se ne sia persuasa del tutto.
Ma paura o meno, caldo asfissiante o meno, su un balcone o schiacciata tra la folla, sono ormai quindici anni ininterrotti che lei è sempre vicino a me. Se invece che nel Mazowsze nordoccidentale polacco fosse nata sui Quartieri, 'ncoppa 'a Travaglia o fore 'e fuosse non avrei avuto compagn(i)a più affettuosa e assidua.

E il titolo di questo post - che richiama quello di una canzone della Festa in cui si narra la storia di una bella forestiera innamorata dei Gigli - vuol essere un modesto omaggio a lei e a tutti quelli che vivono accanto a un nolano o una nolana e gli/le arricchiscono i ricordi della Festa con la loro disponibilità e la loro presenza.



Commenti

  1. Se "LA" festa fosse bella appeno la metà dell'elegante prosa da te usata per descriverla... varrebbe la pena di sobbarcarsi qualunque viaggio per vederla almeno una volta dal vivo! :-)

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  2. Vale la pena, credimi. Il vero problema è che è qualcosa che non si lascia descrivere in nessun modo: né attraverso la parola scritta né attraverso le immagini né attraverso i video. Va vista e vissuta di persona, senza scorciatoie.

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