Edek

Fino a sabato scorso a casa mia c'erano due gatti. Un maschio e una femmina felini che controbilanciavano perfettamente il maschio e la femmina umani. Un menage à quatre perfettamente rodato, con abitudini ormai da vecchia coppia, sia pure doppia: le mie pipe in compagnia di Gienek che talvolta cercava di acchiappare gli scovolini, talvolta si dedicava a mangiarsi le briciole di tabacco, altre volte ancora si limitava ad annusare il fumo nell'aria manifestando il suo maggiore o minore gradimento; le serate televisive di Justyna con Ella in braccio; i tentativi di Gienek di rubare l'umido di Ella e quelli di Ella di rubare pezzettini di formaggio a noi.

Tutto questo fino a sabato scorso.

Da sabato scorso i gatti in casa mia sono diventati tre, e tutto il balletto di simmetrie è miseramente saltato.
Sono saltate le normali abitudini e adesso si cerca di ricostruirne delle nuove che tengano conto del nuovo arrivato, Edek, l'eroe eponimo di questo post: il quale da parte sua non consente neanche per un attimo di dimenticarsi di lui.

Edek è un cucciolotto di tre mesi, tre mesi e mezzo raccolto (a quanto ci hanno raccontato) per strada da piccolissimo e arrivato da subito all'ENPA di Saronno. Da subito e con una grave infezione a entrambi gli occhi. Uno degli occhi è stato necessario asportarglielo chirurgicamente; con l'altro a detta del veterinario è forse in grado di vedere qualche sagoma in condizioni di forte luce. Oltre a questo, il mantello bianco e nero a macchie ("muccato" nel lessico famigliare di casa mia) non è di quelli considerati particolarmente belli. Insomma, c'erano tutti gli ingredienti perchè questo gatto trascorresse l'esistenza dietro le sbarre di una gabbietta dell'ENPA. Al caldo, al sicuro, con la pappa assicurata: ma dietro una gabbia.

Con una di quelle intuizioni che devono scaturire da qualche misterioso sesto senso, Justyna ha capito che questo gatto doveva arrivare da noi: i miei richiami alla ragionevolezza, le mie previsioni di maggiore impegno, di grande stress per i gatti residenti, le mie obiezioni sull'impossibilità di portarsi a casa tutti i gatti un po' sfortunati che capita di incrociare facendo volontariato in un'associazione animalista si sono infrante di fronte alla sua sorridente ostinazione.

Come al solito, aveva ragione lei.

Questo chilogrammo scarso di gatto si sta rivelando un'autentica forza della natura: ignora bellamente soffi e ringhiate dei residenti, li insegue o li sfida a inseguirlo, ruba loro spudoratamente il cibo dalle ciotole infilandosi sotto le loro zampe, occupa tutti i loro posti preferiti e se ritiene che sia il caso cerca perfino di cacciarli via.
Mezz'ora dopo averne avuto la possibilità aveva già esplorato tutta la casa e probabilmente elaborato una sorta di mappa mentale che già adesso gli consente di muoversi con disinvoltura tra i vari ambienti.
Corre, salta, si arrampica, si lascia cadere. Ogni tanto i polpastrelli non hanno abbastanza presa sul parquet e mentre corre parte in testacoda. Ogni tanto dà qualche testata in giro ma non se ne dà per inteso: scrolla testa e spalle e ricomincia a correre.

Non sopporto la letteratura zuccherosa sui gatti, né i piagnistei sulle doti nascoste dei disabili: non mi lancerò quindi in un panegirico su più o meno improbabili lezioni di vita che un gatto disabile (ammesso che una tale umanizzazione sia sensata) è in grado di impartire. Ma è certo che vedere Edek all'opera, constatare quanto per qualcuno possa essere semplice essere ciò che si è fornisce materiale per la riflessione in grande abbondanza.

Ed è certo che il suo costo in termini di pappe, pulizia e fatica questo buffo, dispettoso, tostissimo folletto se l'è già ampiamente ripagato nelle poche ore da che è qui. Da questo momento in avanti per noi è puro guadagno.




Edek

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